Ott 222007
 

Watson, non l’amico di Holmes, ma il premio Nobel, quello che ha scoperto il DNA ha fatto qualche giorno fa una dichiarazione quantomeno bizzarra.

Sembra abbia dichiarato che gli africani sono meno intelligenti dei bianchi e che questo è dimostrato da tutti i test fatti fino ad ora. In un intervista ad un giornale britannico ha dichiarato di essere “profondamente pessimista sulle prospettive dell’Africa… tutte le nostre politiche sociali si basano sul fatto che la loro intelligenza sia come la nostra, mentre tutti i test dicono che non è così”

Questo ha scatenato un po’ tutti, reazioni di tutti i tipi da ogni parte.

In una trasmissione televisiva ho sentito dire che (cito a memoria) “i neri non sono certo meno intelligenti di noi, semmai sono migliori”.

Sono migliori…

Pensiamoci un po’: “semmai sono migliori”. Come vi suona questa frase? A me sembra triste e deprimente, mi sembra il segno che il gene del razzismo è fortemente radicato nella razza umana.

Cosa vuol dire “semmai sono migliori”? Vuol dire che comunque non sono come noi, sono qualcosa di diverso, saranno anche migliori, ma in ogni caso non sono come noi, sono una razza diversa. E il tono che vorrebbe essere di ammirazione suona invece tragicamente condiscendente.

Anni fa, molti anni fa ero una fanatico di Happy Days e ricordo un episodio in cui Richie inseriva nella sua band un batterista di colore. Quando organizzavano una festa non si presentava praticamente nessuno e Richie si infuriava sbraitando contro i razzisti, dicendo che se lui voleva un batterista negro si sarebbe tenuto un battersita negro.

Ma Fonzie ribatteva che era il modo sbagliato di agire. Se il batterista era bravo doveva tenerlo altrmenti mandarlo via a calci, non importava nulla se fosse nero o bianco.

Ecco, ancora una volta a distanza di anni Fonzie è maestro di vita. Questo è l’atteggiamento giusto, se un nero è stupido non lo è di meno perché è nero, se è antipatico, arrogante, cattivo non lo è di meno perché è nero. E allo stesso modo se è inteligente, simpatico, affabile, gentile, buono, non lo è di più perché è nero.

Non ho conosciuto moltissimi neri, ma ne ho comunque conosciuti di inteligenti, di stupidi, di gentili, di maleducati, di timidi, di arroganti, esattamente come tutti gli altri esseri umani.

Sono arcistufo di un mondo dove il politically correct rende tutti falsi.

Sono stufo di un mondo dove qualunque critica viene presa come un attacco personale o come un attentato contro qualche sacra minoranza o congrega.

Voglio sentirmi libero di dire che qualcuno è stupido, senza avere paura di farlo perché è nero, musulmano, ebreo, cattolico, membro di qualche minoranza o di qualche maggioranza.

Voglio un mondo in cui chi critica la politica di Israele non sia tacciato di antisemitismo, chi critica la politica americana non sia tacciato di antiamericanismo, chi critica qualche prete non sia tacciato di attentanto alla chiesa cattolica, chi critica un politico non venga accusato di fomentare il terrorismo, chi critica la politica non venga accusato di antipolitica.

Certo difendersi dalle crtiche in questo modo è comodo, si evita di entrare nel merito, è sufficiente assumere un’aria offesa ed evocare qualche tipo di oppressione. Quasi quasi devo trovare anch’io un gruppo a cui affiliarmi, meglio se si tratta di una qualche minoranza ovviamente, in modo da poter ribattere a qualsiasi critica lamentando un attacco contro la mia congregazione.

Quanto all’affermazione di Watson cosa si può pensarne? Io sinceramente non credo che su tempi così brevi l’evoluzione abbia potuto avere qualche effetto sul cervello. E’ vero che poche migliaia di anni sono bastate per mdoficare caratteri vistosi come colore della pelle, degli occhi e dei capelli, ma si tratta pur sempre di caratteri molto secondari e tutti quanti caratteri esterni, a diretto contatto cioè con l’ambiente esterno che ha quindi esercitato una forte pressione evolutiva su questi caratteri. Non credo che un tempo così breve abbia potuto creare variazioni nello sviluppo del cervello.

Se poi si scoprisse che i vari gruppi umani hanno inteligenze diverse questa potrebbe essere un’ottima risorsa. Diverso infatti non significa inferiore e intelligenze diverse potrebbero portare una ventata di nuove idee e nuovi punti di vista.

Ma come si fa a misurare l’intelligenza? Questo è un bel problema. I test di inteligenza, le misure del QI e robe simili sono delle gran cazzate. Dei reicercatri seri hanno dimostrato che tutti i test comunemente utilizzati non misurano affatto l’intelligenza quanto l’aderenza ad un determinato gruppo culturale. Misurano insomma solo quanto sei immerso in una certa cultura. Tutti si basano infatti su una serie di premesse che non sono affatto inconsce, ma piuttosto frutto di una certa cultura. Quelle che sembrano conclusioni perfettamente ovvie e soprattutto le uniche possibili, si rivelano invece come semplicemente le più banali. Prendiamo ad esempio quei test in cui dalle prime tre figure si deve dedurre la quarta della serie. Ma la scela della quarta figura non è così ovvia se chi è posto di fronte al test proviene da una cultura totalmente differente, potrebbe infatti interpretare le prime tre figure in un modo per noi assolutamente sconvolgente.

Solo un test che non derivasse assolutamente da premesse culturali potrebbe avere un valore reale, purtroppo (o per fortuna) credo che nessuno fino ad ora ne abbia mai inventato uno. Se poi prendessimo un boscimane e un ricercatore del MIT, quale se la caverebbe meglio se venisse precipitato nell’ambiente dell’altro?

Sono certo che un ricercatore del MIT nel bel mezzo del Kalahari avrebbe seri problemi di sopravvivenza, molti di più di un boscimane al MIT che credo prima o poi riuscirebbe a trovare la mensa.

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