Il sole, gigantesco e deforme disco arancione nell’atmosfera tremula del tramonto era appena sceso dietro l’orizzonte rischiarando ancora il cielo a occidente. Il terreno a tratti paludoso iniziava già a trasudare una nebbia densa che serpeggiava fra gli alberi trasformandoli in figure evanescenti dai contorni indistinti.
Mi trovavo in una zona dall’aspetto piuttosto anonimo, una terra pianeggiante punteggiata da macchie di alberi frondosi, in cui il tronco spoglio di qualche albero morto sembrava ergersi come monito per la circostante vita vegetale. Nessun punto di riferimento preciso poteva aiutarmi per confermare la mia posizione, ma avevo la sensazione di essere nel posto giusto.
Il grosso corvo imperiale appollaiato sulla mia spalla dava segni di nervosismo. Lo tenni incappucciato e ricontrollai il legaccio che gli assicurava una zampa, non potevo permettermi di lasciarlo scappare. Posai a terra il mio zaino, mi liberai del mantello, dell’arco e della faretra piena di frecce e mi assicurai la spada sulla schiena in una posizione che mi permettesse libertà di movimento. Respirai profondamente e rimasi immobile in attesa di quel breve momento in cui il crepuscolo lascia il posto alla notte, momento di transito tra il mondo della luce e quello delle tenebre. Le istruzioni erano precise, muoversi troppo presto o troppo tardi avrebbe compromesso ogni cosa, la scelta dell’istante preciso era fondamentale. Liberai il corvo dai suoi legacci, attesi ancora qualche secondo, poi gli tolsi il cappuccio e con un movimento del braccio lo feci alzare in volo.
Iniziai a correre. Il corvo volava dritto davanti a me all’altezza dei miei occhi, un volo teso, veloce. La notte e la nebbia sempre più fitta mi rendevano impossibile distinguere il terreno sotto i miei piedi, non avevo il tempo di pensarci, potevo solo correre, correre più forte che potevo sperando di non perdere di vista il corvo. Rami di alberi ormai quasi invisibili mi schiaffeggiavano il viso, ma non potevo evitarli, seguire il corvo era il mio unico pensiero, correre, correre senza prendere fiato, sempre avanti, poi di scatto in una nuova direzione obbedendo ai capricci di un volatile che sembrava muoversi come un folle. Eppure rimaneva sempre davanti ai miei occhi, senza prendere quota, senza posarsi, sempre proiettato in avanti dal suo rapido battito d’ali.
“Non perdere mai di vista il corvo, o rischierai di smarrirti per sempre.” Queste parole echeggiavano nella mia mente, mentre i battiti del mio cuore diventavano precipitosi, i polmoni pompavano sempre più disperatamente e le gambe faticavano ormai a muoversi. Non perdere mai di vista il corvo. Ma la luce era sempre più fioca e la mia vista sempre più debole, iniziavo a vedere macchie scure che confondevo con quello stramaledetto uccello. L’aria mi mancava, i polmoni si muovevano affannosi nel tentativo di ossigenare il sangue, ma il corvo era troppo veloce e la corsa troppo lunga. Crollai a terra. L’ultima cosa che vidi fu il corvo appollaiato su di un ramo sopra di me, poi persi i sensi pensando che in un modo o nell’altro sarei comunque entrato nel regno dei morti.
La casa, poco più di una catapecchia, si sosteneva a fatica in una conca di terra rossa circondata da lievi ondulazioni ricoperte di erica. La luce di un fuoco usciva dalle finestre e dalle fessure fra le assi mal inchiodate che fungevano da pareti. Sostai un attimo davanti alla porta e stavo per bussare quando una voce di donna scaturì dall’interno: “Entra, ti stavo aspettando”. Spinsi con attenzione il battente malandato cercando di non farlo crollare dai cardini malconci ed entrai. L’interno della catapecchia era un bizzarro agglomerato di oggetti di ogni genere. Cristalli, animali impagliati, foglie e fiori di molte specie, statuette, amuleti, sacchetti di varie dimensioni erano sparpagliati su ogni superficie disponibile e appesi ovunque. Cercando di non urtare nulla mi avvicinai al grande camino di pietra, unica parte della casa ad avere un aspetto solido. Davanti al fuoco una giovane donna dai capelli lunghi e scuri mi fissava con attenzione, senza parlare. Indossava un vestito rosso, semplice, ma elegante e di ottima fattura con sopra un mantello nero dal cappuccio abbassato. I vestiti erano perfetti e questo cerava un forte contrasto fra la casa e chi la abitava. Lei continuava a fissarmi e dopo un attimo ebbi quasi l’impressione che guardasse dietro di me, mi voltai, ma non vidi nulla di speciale a parte la solita confusione di oggetti. Quando la guardai nuovamente lei mi sorrise e fece un gesto con la mano, come per dire “non importa”.
“Ben arrivato, ti stavo aspettando – disse invece – siediti, ti porto qualcosa da bere e da mangiare, immagino tu abbia fame”
Accennai di si con la testa e mi sedetti ad un tavolo strapieno di cianfrusaglie. Lei tornò poco dopo con una brocca d’acqua ed un piatto con della carne che appoggiò sul tavolo facendo crollare a terra buona parte delle cose che lo ingombravano. Gettò un’occhiata indifferente a tutte le cose sparse sul pavimento e si sedette su una sedia di fronte a me.
Attese con pazienza che avessi finito di mangiare, poi mi guardò dritto negli occhi, come se volesse entrare nella mia testa. “Raccontami cosa ti spinge qui da me – mi esortò – anche se temo di saperlo. Non credo proprio tu abbia fatto tutta questa strada per un filtro d’amore o altre sciocchezze.”
“Voglio entrare nel regno dei morti” – risposi io.
“E’ facilissimo – rise lei – a giudicare dal tuo aspetto sei uno che ha rischiato di finirci già parecchie volte”
“Voglio entrarci vivo – replicai – e voglio poter tornare”
“Non è affatto semplice – mormorò – si può fare, ma non è semplice. Sono passati molti anni da quando qualcuno mi ha fatto una richiesta come la tua. Non è più tornato a raccontarmi come sia andata.”
“Sono deciso a provare – insistei – posso immaginare che sia rischioso, ma voglio farlo”
“Rischioso non è il termine esatto, è folle, non rischioso. Nessuno che non sia folle vorrebbe infatti entrare nel regno dei morti, considerando che prima o poi ci finirà ugualmente – rispose lei – ma come ti ho detto si può tentare e visto che sei venuto fin qui dovevi sapere che sono l’unica strega nel raggio di moltissime miglia in grado di spiegarti come. Sempre che tu sia disposto a pagare il prezzo.”
“Dimmi qual’è il tuo prezzo – replicai aprendo una sacca tintinnante che portavo alla cintura – mi hanno detto che accetti solo argento, anche se – aggiunsi guardandomi attorno con un’espressione eloquente – non riesco a capire cosa te ne faccia”
Lei rise di nuovo, una risata sincera e divertita. “Sei il primo che ha il coraggio di dirmelo in faccia – rispose – ma non pensare che l’argento possa servire solo per comprare agi e comodità, ha mille altri scopi ed è moneta comune in commerci molto più strani di quanto tu possa immaginare.”
“Penso possano bastare – disse lanciando un’occhiata alle monete che andavo accumulando sul suo tavolo – ti mostrerò come entrare nel regno dei morti, quanto ad uscirne sarà affar tuo.”
“Non mi chiedi nemmeno perché voglio entrarci?” – le domandai stupito.
“Non mi riguarda – rispose lei – non sono stati in molti a chiedermi ciò che chiedi tu, ma alcuni si. Dai loro volti traspariva disperazione oppure avidità oppure ancora passione. Non voglio conoscere le tue motivazioni come non ho chiesto le loro, non mi importa se siano giuste o sbagliate, non mi importa se tu cerchi gloria, ricchezza, vendetta, o magari conoscenza, sarai tu a rispondere delle tue azioni e a portarne le conseguenze. Io ti mostrerò come arrivare dove desideri, poi tu farai ciò che dovrai fare.”
Così dicendo uscì dalla porta e si fermò dopo alcuni passi tirandosi il cappuccio del mantello sopra la testa, rimase immobile per qualche istante, poi iniziò a cantare una strana melodia con il viso rivolto al cielo. Quasi immediatamente il cielo si riempì di battiti d’ali e uno stormo di corvi prese a volteggiare sopra di lei. La strega alzò un braccio sempre continuando a cantare e un grosso corvo si posò sul suo polso, lei lo accarezzò dolcemente, poi cantando con voce sempre più sommessa si voltò e rientrò in casa.
Quando rientrai a mia volta la trovai intenta a legare una stringa di cuoio ad una zampa del corvo a cui aveva messo sulla testa un cappuccio di pelle, come si usa fare con i falconi usati per la caccia.
Mi guardò e inizio a spiegarmi: “I corvi sono animali molto speciali, il loro volo è senza confini. Volano sui bordi fra i mondi e li superano con facilità, come se tutti i mondi fossero per loro un unico immenso cielo. I corvi sono l’unico animale in grado di passare da un mondo all’altro senza alcuno sforzo. Tu non sei un corvo, ma un corvo può mostrarti la strada. Dovrai recarti in un luogo particolare, uno di quei luoghi dove i confini sono più sfumati, dove il passaggio sarà più semplice. Ce ne sono parecchi, ma non è facile individuarli, per tua fortuna te ne posso indicare uno non troppo lontano da qui.”
“Che vuol dire confine fra i mondi? – interloquii io.
“Vi sono moltissimi mondi, alcuni così simili al nostro che se ci capitassi per sbaglio non vedresti alcuna differenza, altri così strani da essere incomprensibili, il regno dei morti è uno di questi mondi. Per i corvi invece esiste un unico mondo con un cielo immenso ed essi volano fra i mondi senza nulla che li freni. Un corvo potrebbe passare da un mondo all’altro anche qui in questa casa, ma per te sarebbe impossibile seguirlo. Nel luogo che ti indicherò invece i confini sono meno definiti, meno netti e li sarai forse in grado di passare.”
“E come potrò essere certo di non sbagliare e finire in un altro mondo?”-chiesi.
“Ci penserò io ad istruire il corvo nel modo adatto. – rispose lei – Così il corvo volerà nella direzione giusta e ti porterà dove chiedi, nel regno dei morti.
Dovrai portarlo con te e quando sarai nel posto ti indicherò dovrai liberarlo e lasciarlo volare, ma preparati a correre, perché dovrai seguirlo, senza fermarti, senza riposarti. Se lo perderai di vista rischierai di smarrirti per sempre lungo i confini fra i mondi, senza mai superarli destinato a vagare nel nulla.”
La strega proseguì dandomi istruzioni dettagliate sul luogo preciso che avrei dovuto raggiungere prima di liberare il corvo e sull’istante preciso in cui avrei dovuto lasciarlo volare. Sbagliare luogo o ora non mi avrebbe portato da nessuna parte. Ma se avessi seguito le istruzioni e avessi perso di vista il corvo durante il suo volo sarei stato condannato a vagare nel nulla fino a morire di fame. La strega ribadì più volte questo pericolo.
La ringraziai e mi avviai nella direzione indicata con il corvo appollaiato sopra la mia spalla. Mentre mi allontanavo sentii ancora una volta la sua voce che mi raccomandava: “Corri e non perdere mai di vista il corvo”
Mi svegliai con le parole della strega che mi riecheggiavano nella mente. Per un terribile momento temetti di avere perso di vista il corvo e di essermi smarrito lungo i bordi che separano i mondi, ma lui era sopra di me tranquillamente appollaiato su un ramo scheletrico.
Mi guardai attorno, mi trovavo in una terra brulla illuminata da una debole luce diffusa. Vidi alcuni alberi secchi dalla corteccia bianca come ossa, coni tronchi piegati ed i rami tutti rivolti nella stessa direzione. Un vento costante soffiava incessantemente gettandomi i capelli sul viso ed immaginai fosse la causa per cui gli alberi erano cresciuti in quel modo.
Esseri dalle forme forme bizzarre si muovevano ovunque attorno a me. Alcune in verità avevano forma umana, sembravano persone in tutto e per tutto, altre erano persone, ma a cui mancava consistenza, come se iniziassero a diventare trasparenti, altre ancora si riuscivano ad intravvedere a mala pena. Assieme alle forme umane c’erano i mostri più strani, anche loro in varie gradazioni di trasparenza, da quelli che sembravano avere consistenza solida a quelli che si percepivano più che vedere realmente. E tutti mi giravano attorno come falene attorno ad un fuoco.
Sguainai la spada, senza sapere se sarebbe stata in qualche modo efficacie contro quegli esseri, che per la verità non avevano nemmeno aria minacciosa, si limitavano a girare attorno a me in qualche modo attratti e in qualche modo spaventati dalla mia presenza.
Dopo un momento la folla si aprì lasciando passare quattro figure dall’aspetto umanoide, molto alte, ricoperte da una rozza armatura e armate con delle lunghe picche. Mi si affiancarono ed uno di loro parlò con una voce sorprendentemente dolce: “Ti preghiamo di seguirci, il nostro Signore desidera parlare con te.”
Feci un cenno di assenso ed i quattro si avviarono fendendo la folla davanti a loro.