Percorsi lentamente il corridoio che separava l’ingresso dalla biblioteca. Ad ogni passo sentivo i capelli rizzarmisi sulla testa, lunghi brividi mi percorrevano la spina dorsale, l’adrenalina correva impetuosa nelle mie vene, ogni pelo del corpo sembrava dotato di volontà propria e tutti assieme sembravano essersi accordati per schizzare fuori dalla mia pelle.
Una corrente gelida usciva dalla porta aperta della biblioteca che lasciava intravvedere alti scaffali carichi di libri, intervallati da pannelli di quercia intarsiati con scene di caccia e di battaglia.
Sapevo già cosa avrei trovato, ma questo non mi aiutava a restare calmo come avrei voluto. Bussai lievemente sullo stipite prima di entrare. Lui mi aspettava, in piedi davanti ad uno scaffale con un libro in mano, l’indice infilato fra le pagine per tenere il segno. Grazie al cielo aveva la testa sopra il collo, una cortesia che mi riservava e di cui gli ero sempre grato.
“Buon giorno dottore” – mi salutò gentilmente – “L’ho sentita entrare in casa, si accomodi la prego.”
“Buon giorno Duca” – risposi – ” stava leggendo?”
Era un uomo dall’aspetto fiero, capelli neri e corti così come la barba ben curata, indossava un abbigliamento da caccia che sarebbe stato all’ultima moda nella metà del ‘600. Si sarebbe potuto scambiare per un attore in costume messo li per intrattenere gli eventuali turisti in visita all’antico maniero o per un eccentrico padrone di casa. Ovviamente se non fosse stato semitrasparente, caratteristica che lo qualificava inequivocabilmente come un fantasma.
Il duca, un fedelissimo amico Oliver Cromwell era stato accusato ingiustamente di tradimento. Furono portate prove fabbricate ad arte e furono ascoltati testimoni che mentirono per ottenere la sua condanna. Venne giudicato colpevole di tradimento per aver collaborato con Carlo I contro Cromwell, fu condannato e venne decapitato nel 1648. I suoi possedimenti e le sue terre furono confiscate e assegnate proprio a chi lo aveva denunciato rivendicando il merito di aver smascherato un traditore.
Ma il duca era innocente e non se ne volle andare da casa sua. La sua presenza come fantasma fece crollare i nervi ai suoi accusatori che finirono per tradirsi. Il nome del duca venne riabilitato una volta stabilita la sua innocenza e casa e possedimenti restituiti ai suoi eredi, ma lui ormai si era installato come fantasma nella sua casa e da allora non se ne era più andato. I suoi eredi avevano imparato a convivere con quel bizzarro coinquilino che in fondo non era né pericoloso né fastidioso anche se vederlo andare in giro con la testa sotto il braccio, come usava fare, poteva risultare piuttosto inquietante.
“Stavo leggendo un romanzo di un autore svedese, un giallo, niente di particolarmente interessante” – rispose appoggiando il libro su un tavolino – “Oltretutto l’ho già letto, da quando nessuno abita in questa casa non ho più nulla di nuovo, gli ultimi volumi risalgono al 2009, libri comprati dalla mia ultima discendete, la duchessa Mathilda, prima di morire.”
Si sedette su una poltrona dallo schienale alto, allungò le gambe verso il grande caminetto in pietra e mi fissò con uno sguardo acuto e penetrante. Sorrise, il sorriso di chi sa qualcosa su di voi e che forse voi nemmeno intuite.
“Cosa avete pensato di nuovo dottore, per convincermi a lasciare la mia casa?” – chiese con aria di scherno – “Volete che mi distenda sul divano come si presume debbano fare i vostri pazienti o posso restare sulla mia poltrona preferita?”
Il duca si riferiva alla mia qualifica, psichiatra e psicanalista, assunto dall’amministrazione pubblica, nuova proprietaria della casa per scacciare il fantasma che la infestava.
La duchessa, morta senza eredi, aveva lasciato la sua proprietà all’amministrazione comunale perché ne disponesse come meglio credeva a favore della comunità. Era stato deciso di vendere la proprietà e di utilizzare il ricavato per rimpinguare le casse comunali sempre in rosso. Ma la presenza del fantasma aveva allontanato qualsiasi compratore.
A onor del vero il duca non disturbava nessuno, in 400 anni non si registrava un solo episodio in cui avesse fatto del male a qualcuno, il fastidio più grande poteva essere al limite il rumore di un libro fatto cadere inavvertitamente, ma io stesso dovevo ammettere che non era facile abituarsi alla sua presenza. Nonostante fossi ormai al sesto incontro con lui e sapessi con certezza assoluta che non avrei subito alcun danno provavo un impulso difficilmente controllabile che mi esortava a scappare da quella casa. Non potevo certo biasimare i possibili compratori se avevano deciso di lasciar perdere l’affare e andarsene di corsa, il primo impatto con il duca metteva a dura prova anche i nervi più saldi.
L’amministrazione comunale aveva tentato in vari modi di scacciare il fantasma, senza alcun risultato. Il peggiore era stato quello messo in atto da un esorcista.
Da quanto mi aveva raccontato il duca stesso, il sacerdote si era piazzato nel mezzo della biblioteca gridando come un pazzo, cosa particolarmente deprecabile dal punto di vista del duca, uomo pacato ed estremamente educato e formale. L’esorcista aveva gridato frasi sconclusionate, ordinando al duca di tornarsene negli inferi da cui era uscito, cosa ovviamente priva di senso considerando che il duca anche in vita era stato persona profondamente buona e amata dai suoi sudditi e l’inferno non sarebbe certo stato il posto adatto a lui.
Il duca aveva sopportato con rassegnazione finché il sacerdote non aveva iniziato a spruzzare acqua benedetta nella biblioteca, con il rischio di rovinare libri, tappezzerie e mobilio, azione che aveva spinto il duca a reagire. Per quanto persona di animo tranquillo e pacato, la rabbia per un comportamento così sconsiderato lo aveva trasfigurato, tenendo la testa sotto braccio si era avventato urlando in direzione dell’esorcista e questo fu sufficiente per metter in fuga quest’ultimo e non farlo più tornare.
Dopo di allora erano stati chiamati vari medium, indagatori dell’occulto e personaggi strani che avevano finito per diventare presenze decisamente più fastidiose del fantasma, motivo per cui erano stati tutti scacciati senza aver ottenuto alcun risultato.
Io rappresentavo l’ultimo tentativo di liberare la casa dall’ectoplasma del duca. Per la verità non nutrivo molte speranze in tal senso. Il mio lavoro di psichiatra e psicanalista era sempre consistito per lo più nell’ascoltare donne insoddisfatte del proprio aspetto, succubi del giudizio materno, con un rapporto irrisolto con i genitori e sempre in cerca della loro approvazione, oppure uomini con complessi di qualsiasi genere, spesso rovinati da uno stile di vita che impone modalità e ritmi insostenibili. Intendiamoci, non intendo certo disprezzare i miei clienti, persone degnissime e alcune anche di grande intelligenza. Mai però mi ero trovato in una situazione così bizzarra. Non solo cercavo di psicanalizzare un fantasma, ma si trattava per di più di un fantasma dotato di un’intelligenza acutissima, una cultura vasta e profonda e una sensibilità straordinaria.
La passione per la lettura, coltivata in oltre quattro secoli, gli aveva permesso di formarsi una conoscenza approfondita su qualsiasi argomento. Alla prima seduta, quando apprese che ero una psichiatra vero e proprio e non qualche ciarlatano inviato li per tentare strani riti, mi sorprese con una dotta disquisizione sulle differenti visioni della psicanalisi in Feud e Jung. Lui era decisamente junghiano, anzi considerava se stesso un archetipo.
“Devo ammettere con sincerità” – risposi riprendendo il filo dei pensieri – “che non ho affatto idea di come convincervi ad abbandonare questa casa. Io sono uno psichiatra e non credo di essere la persona adatta a scacciarvi da casa vostra. Siete la persona più equilibrata che abbia incontrato negli ultimi tempi e non saprei proprio cosa potrei dirvi per farvi andare via. All’inizio non credevo affatto alla vostra esistenza, ma ora non la posso certo negare e questo è abbastanza sconvolgente per una persona razionale come me. A volte mi chiedo se non sono io a essere diventato pazzo.”
“Suvvia dottore” – rispose il duca – “non arrendetevi troppo facilmente, forse potrei addirittura aiutarvi io stesso. In effetti ho riflettuto molto sulla mia situazione, come sapete ho avuto a disposizione quattro secoli per farlo e sono giunto alla conclusione di non esistere.”
Il duca assunse un’espressione pensierosa e proseguì: “Come sapete io stesso mi considero una persona razionale. Nemmeno in vita amavo molto le superstizioni, la religione e le credenze tipiche della mia epoca, poi, con il trascorrere dei secoli, ho scoperto l’illuminismo, un uso migliore della razionalità, la scienza. Se fossi vivo non crederei affatto agli spiriti, alla possibilità che l’anima esista separata dal corpo e tantomeno ai fantasmi. Certo la mia situazione evidentemente mi impone una certa prudenza nel fare certe affermazioni, ma sinceramente credo di poter tranquillamente negare la mia stessa esistenza. Ora, poiché sono qui credo sia il caso di cercare una spiegazione e forse l’ho trovata. Non credo di essere lo spirito del duca, piuttosto credo di essere ciò che le persone pensano che dovrebbe essere lo spirito del duca.”
“Non credo di capire.” – lo interruppi io – “Vorreste dire che siete frutto di un’allucinazione collettiva?”
“in un certo senso si. Ascoltatemi un attimo e seguite il flusso dei miei pensieri. Quattrocento anni fa il duca venne di fatto assassinato e gli assassini si impossessarono della sua casa e delle sue proprietà. Probabilmente alcuni di loro non riuscirono a convivere con questo peso sulla coscienza e credettero di vedere il fantasma del duca, cosa che li spinse a confessare il tradimento commesso. Furono talmente convincenti che altri credettero alla presenza del fantasma e questa credenza di perpetuò fino ad ora. In pratica io esisto solo perché c’è chi crede nella mia esistenza. Quando non ci sarà più nessuno che crederà ai fantasmi io svanirò senza in effetti essere mai esistito.”
“Ma io non credo ai fantasmi! – esclamai quasi con rabbia – “Eppure vi vedo e sono qui che parlo con voi.”
“Non è necessario che voi personalmente crediate ai fantasmi, evidentemente è sufficiente che un certo numero di persone ci creda perché io in qualche modo divenga quasi reale, sufficientemente reale per essere visto anche da chi non crede in me. Pensateci dottore, in fondo il mondo è pieno di cose che non esisterebbero se nessuno credesse in loro. Tutta la vostra vita di uomini moderni è basata su cose che non esistono, ma che diventano reali grazie alla vostra credulità. Vi affannate per una cosa che si chiama economia, eppure non esiste affatto, ma basta che un numero sufficiente di persone ci creda perché questa cosa diventi così potente da governare al vita degli uomini. E questo è solo uno dei molti esempi che potrei fare. Io non esisto, credetemi, sono il prodotto della immaginazione collettiva.”
Scossi la testa, quella spiegazione non mi convinceva affatto, eppure, se avessi accettato l’esistenza degli ectoplasmi cosa avrebbe potuto fermarmi da essere trascinato nel gorgo della magia, de riti spiritistici e di tutto quel ciarpame che disprezzavo?
“Andate tranquillo dottore, convincetevi della mia non esistenza come ne sono convinto io stesso e io un po’ alla volta svanirò da questa casa, anzi, non vi avrò mai dimorato”
Congedato in quel modo a un fantasma mi alzai e con un lieve cenno di saluto mi allontanai dalla stanza, ero stato sconfitto, ma non ne avevo a male, l’avversario era troppo superiore a me, non c’era nemmeno stata una vera battaglia.
“Dottore” – mi richiamò il duca – “mi ha fatto piacere conoscervi, se qualche volta avrete voglia di una chiacchierata tornate pure in queste stanze, non avendovi mai dimorato non posso nemmeno andarmene, quindi sarò sempre qui, per voi, come ora”
Il duca mi fece un cenno di saluto e con la sua ultima frase che mi risuonava nella mente abbandonai la casa.
Mag 062011